Nov
26
La storia di un cantante famosissimo, di un suo grande ammiratore e di quattro concerti a Torino nell’arco di quarant’anni vissuti da Sandro Bussi.
Il 3 febbraio 1974 un mio compagno di liceo, più grande di età ma soprattutto di conoscenze musicali, mi aveva portato al primo grande concerto rock della mia vita.
Facevo seconda liceo, avevo i capelli quasi lunghi e portavo le camicie a scacchi “da montagna” di mio padre. E Torino era una città molto diversa da adesso, soprattutto per noi che allora eravamo i giovani.
Siamo riusciti ad entrare al “Ruffini” in mezzo alle cariche della polizia, i lacrimogeni e gli scontri con gli autonomi che dicevano che la musica doveva essere gratis (dove sono finiti, adesso che i concerti costano da 40 euro in su?).
Sul palco un gruppo che conoscevo appena, che presentava il nuovo LP, o “album” (così si diceva allora…): “Selling England by the Pound”, disco che non conoscevo quasi, guidato da un cantante che non conoscevo per nulla.
Ma quando quel cantante ha iniziato a cantare, senza accompagnamento musicale, davanti ad almeno 5000 persone …
“Can you tell me where my country lies?” said the unifaun to his true love’s eyes …”
mi è corso un brivido lungo la schiena, e ancora oggi, quando sento quell’inizio incredibile di “Dancing with the moolight knight”
“Can you tell me where my country lies?” said the unifaun to his true love’s eyes …”
quel brivido ritorna, uguale a 40 anni fa.
Quel gruppo erano i Genesis e il cantante, voce e leader di quel gruppo, era Peter Gabriel. Aveva allora 24 anni, nove più di me, io non sapevo neanche “da che parte ero girato” e lui aveva già inciso quattro dischi entrati nella storia del rock (Trespass, Nursery Crime, Foxtrot, e Selling England, appunto). Quel concerto aveva una scaletta che chi ha avuto la fortuna di “essere lì” non dimenticherà mai: tutto “Selling England”, tutto il contenuto del bellissimo “Genesis Live”, uscito un anno prima, compresa una trascinante versione di “The Knife” come bis.
Quei pezzi sono diventati parte della mia vita, e tutti quei dischi li ho nella versione in vinile, li ho ricomprati in CD e adesso sono sempre con me nell’MP3 e nello smartphone.
Probabilmente, sulla famosa isola deserta, dovessi portare uno e un solo disco, forse lascerei a casa il grande Pat Metheny e l’immenso Bill Evans (che scelta terribile…), ma “Selling England”, nella mia magnifica versione in vinile, con il dipinto in copertina di Betty Swanwick, i difficilissimi testi in inglese all’interno e la traduzione di Armando Gallo, verrebbe con me!
Il 25 marzo 1975, cresciuto musicalmente e forte dei miei 16 anni ancora da compiere, ero di nuovo al Ruffini per il nuovo tour Genesis: la presentazione live di «The Lamb Lies Down On Broadway». Allora si diceva un “concept album”, un doppio vinile che racconta la storia visionaria di Rael, ovviamente interpretato in concerto da un Peter Gabriel incontenibile. Non serve parlare di quel disco ne’ di quel concerto pazzesco, basta andare ad ascoltarsi “Carpet crawl”, una delle più belle canzoni della storia del rock, per capire tutto.
Dopo pochi mesi da quel disco e quel tour Peter Gabriel era uscito dai Genesis, il gruppo lo aveva sostituito promuovendo a cantante solista l’ottimo batterista Phil Collins, ma i Genesis che imitano se stessi avevano dimostrato, e in fretta, che quella magnifica stagione, il “rock progressivo” era finita.
Lasciati i Genesis Peter Gabriel ha iniziato una fortunata carriera solista, incidendo prima qualche disco “difficile”, o almeno non facile, fino ad arrivare al successo planetario di “So” nel 1986 (chi non riconosce alle prime note “Sledgehammer”?).
Potevo perdermi, dopo 13 anni, ed esattamente l’8 settembre 1988, il suo ritorno a Torino?
Concerto «Human Rights Now» organizzato da Amnesty International allo Stadio Comunale (beh … allora si chiamava così e ci giocava persino la seconda squadra di Torino, quella con la maglia a righe, che adesso gioca in un posto in periferia col nome inglese, o latino, non so).
Sul palco con lui Claudio Baglioni (che qualcuno tra il pubblico non aveva gradito), Sting, Tracy Chapman, Youssou N’Dour e una forza della natura chiamata Bruce Springsteen (quella volta ho capito perché lui è “il boss”…)
Insieme avevano cantato un’indimenticabile versione di «Get Up, Stand Up” di Bob Marley e ricordo come se fosse adesso quando durante “Shock the Monkey” è saltato l’impianto voce: Peter Gabriel, che aveva ormai 38 anni e cominciava ad essere un “master”, aveva continuato come niente fosse a intrattenere il pubblico mentre i tecnici ripristinavano i collegamenti.
La storia si sposta finalmente ai giorni nostri. Nel 2014 il disco “So” ha compiuto 25 anni e il nostro eroe, come i Blues Brothers, ha “visto la luce e ri-formato la banda” di allora: Tony Levin, Manù Katchè, David Rhodes e David Sancious, ed è partito per il mondo a suonare ancora tutto quel disco, insieme ad altri successi.
E di nuovo: potevo mancare alla data di Torino? 20 novembre, PalaIsozaki (a me piace chiamarlo così), Settore: 305, Fila: 6, Posto: 1 (41,40 € per vedere il palco … dal quarto piano).
Peter Gabriel è sempre un grande, ma è veramente diventato un “master”, soprattutto nel modo di muoversi, che gli sportivi “master”, soprattutto gli over 50 e oltre, conoscono bene. Nel senso che qualche volta accenna ai suoi leggendari movimenti sul palco, teatrali e felini al tempo stesso (ve lo ricordate al festival di Sanremo quando si è buttato sul pubblico appeso a una corda?) ma diciamo che la velocità non è più il suo forte, complice qualche chilo di troppo. Insomma, in qualche momento (e qui qualcuno griderà alla bestemmia) mi ha ricordato di più l’ultimo Renato Zero che non quel magnifico 24enne nei suoi spettacolari travestimenti anni 70. Ma il tempo passa per tutti, e anche se la voce non è più la stessa, la magnifica versione acustica di “Shock the Monkey”, “Mercy Street” (che non ricordavo così bella) e il finale, con tutto il pubblico che canta “Biko” valevano sicuramente la serata e il prezzo del biglietto al quarto piano.
Ma, come avrete capito i vecchi rocker, dopo una certa età, mi mettono un po’ di tristezza. Quindi, con quest’ultima data, per quanto mi riguarda, la bellissima storia durata 40 anni “Peter Gabriel in concerto a Torino” si chiude.
La prossima volta non lo vedrò più dai gradini di un palasport ma ho immaginato che ci incontreremo sul litorale di Cannigione, in Sardegna, dove il secondo “cittadino onorario di Arzachena” (il primo è nientemeno che l’Aga Khan!) dicono abbia una casa spettacolare, e ci berremo insieme un bicchiere di Nuragus fresco, o una Ichnusa … ”Ajo Peter!”
“Can you tell me where my country lies?” said the unifaun to his true love’s eyes …”
BUX
PS: per la cronaca Peter Gabriel ha cantato un’altra volta a Torino, una versione bellissima di “Imagine” di John Lennon, alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi del 2006. Io purtroppo l’ho visto solo in televisione. Ma era presente un rappresentante della famiglia: mia figlia Martina che iniziava la sua carriera di ballerina, impegnata nel pezzo acrobatico dei Kataklò.